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Nuove abitudini, domanda in continua fluttuazione, consumatori con mutevoli preferenze di acquisto: in questo scenario l’assortimento assume un’importanza di tutto rilievo. Il negozio fisico, nonostante l’avanzata dell’e-commerce, resta un pilastro del processo di vendita. Il visual merchandising moltiplica così il proprio valore, posizionandosi in testa alle priorità delle insegne.

Limitare gli effetti dell’esuberanza di offerta

I consumatori vogliono avere la possibilità di scegliere, e fin qui non ci piove. Si deve però prestare attenzione a non incappare in quello che si definisce “il paradosso della scelta”. 

Di cosa si tratta? Immaginiamoci di essere nella corsia della pasta, con una vastissima scelta a nostra disposizione. Molto spesso, in questi casi, i clienti tendono ad acquistare il solito prodotto, proprio a causa dell’eccessivo mix di articoli a cui si trovano davanti.

Uno studio americano ha sottolineato questo aspetto. Durante i test effettuati, a dei consumatori è stato mostrato un display con 6 varietà di marmellate. Più tardi, è stata fatta la medesima cosa ma con 24 tipi: il mix è stato quindi aumentato di ben 4 volte rispetto a prima. I risultati che sono emersi hanno evidenziato un tasso di conversione di gran lunga maggiore nel primo caso, ovvero quando i clienti avevano a disposizione meno scelte.

Capiamo quindi che ci sono diverse opportunità per migliorare l’assortimento e ottimizzare i punti vendita: quando i retailer rimuovono i prodotti duplicati dalla categoria, i consumatori acquistano più unità. Con un numero di SKU ridotto possiamo incrementare le rotazioni dell’inventario, ottenendo un aumento dei livelli di vendita e di redditività.

Prima di aggiungere, sostituire o rimuovere i prodotti dallo scaffale – che sia fisicamente o virtualmente – è però fondamentale capire il valore che quel determinato articolo ha per il cliente. 

Se un articolo viene eliminato, le persone compreranno gli altri prodotti presenti? Oppure questo potrebbe incentivare un consumatore a cambiare insegna? 

Non bisogna dare per scontato nulla: esplorare in anticipo le risposte a queste domande è essenziale, poiché potrebbe costare al retailer l’intero carrello.

La potenza dell’intelligenza artificiale nella gestione delle categorie

Gli studi che arrivano da oltreoceano ci suggeriscono che il 17% della categoria sono articoli duplicati, e andrebbe perciò rimosso da ognuna di esse e in ogni punto vendita. Ci rendiamo conto che però a molti questo metodo potrebbe apparire come un’impresa impossibile.

Pensiamoci bene: un classico approccio alla razionalizzazione dell’assortimento non può essere efficace e non può essere utilizzato per questo scopo. Ma attraverso l’AI il discorso cambia: i retailer possono migliorare le prestazioni, andando a identificare questa famigerata percentuale. Questo sistema porterà anche altri vantaggi, come una maggiore precisione delle previsioni, meno elementi da gestire manualmente e un miglior controllo sulla domanda (che diventerà più prevedibile).

Ma come funziona l’AI?

L’intelligenza artificiale è in grado di osservare i comportamenti e le abitudini di acquisto attraverso i dati delle vendite e delle carte fedeltà, capendo cosa acquistano i consumatori e anche come potrebbero sostituire i loro articoli preferiti qualora non fossero disponibili. Questi dati vengono poi utilizzati per guidare l’assortimento e le decisioni a proposito, aiutando i retailer così a capire le motivazioni, le priorità ed i bisogni dei propri clienti. 

Il cliente è sempre al centro di ogni strategia nel mondo del retail, e l’intelligenza artificiale può analizzare le prestazioni del prodotto dal suo punto di vista, indipendentemente dalle vendite.

Ritornando al punto centrale, utilizzare l’AI significa avere una marcia prospettica in più: essa può infatti  prevedere con rapidità e con la massima accuratezza i risultati della rimozione di un prodotto rispetto ad un altro. 
Ed ecco finalmente che avrai qualcuno che saprà aiutarti nelle tue scelte: “Se eliminerai il prodotto A, avrai questo impatto sulla categoria. Per tale motivo, sarebbe meglio scegliere B, poiché avrebbe un impatto minore”.

Utopia? No, semplice realtà.